Santoro e il suo programma sono inguardabili;Santoro e il suo programma sono inguardabili; uno show divenuto serie televisiva, senza avere però la qualità d' intrattenimento delle migliori, immagino, serie televisive: solo chiacchiere su chiacchiere provincialistiche ripetute come un mantra insulso e maledettamente conformistico; un programma, trincerato e oppresso all' interno del suo stesso 'pensiero' immobile, il 'pensiero' stagnato della trasmissione; non vi si approfondisce un bel niente (non vi siedono mai personalità intellettuali capaci di farlo, tranne rarissime eccezioni in sporadiche irruzionidestabilizzanti, ma piuttosto i loro fantocci, gli abitudinari fantocci di giornalisti, statisti, critici, pensatori o quant'altro perfetti per l' anestesia della tv italiana). Anche e soprattutto quando si trasmette qualcosa di rilevante, importante, cruciale, grave come intercettazioni svelanti cose insostenibili in un qualsiasi stato/comunità in cui vi sia data una 'politica', non si approfondisce, non si va mai fino in fondo (che porrebbe anche, in reazione, voler dire contemplazione di una fuoriuscita dai canali mediatici del sistema, se giornalismo critico deve essere), anzi ci si lascia fuorviare ed immancabilmente equivocare; la si butta nel cialtronesco o, inevitabilmente, nella chiosa sciacqua ma sempre fagocitante delle barzellette di conformismo d' accademia, di un vecchio 'vignettaro' che adesso si fa chiamare 'nonno' Vauro. Qualsiasi siano le cose, ciò non ha importanza, tanto saranno esse immischiate e rese accattabili da una risata sconcia (e ripeto sconcia, non certo comico-tragica, perché il riso non è tutto uguale). I politici 'colpiti' da un reportage o dalla pubblicazione di un' intercettazione che sveli la loro corruzione, nemmeno, di fatti, reagiscono più, perché la percezione che si ha della trasmisiione (voluta dlla trasmissione stessa) è quella di uno show d' intrattenimento a tratti cabarettaro. L' operaio o la vedova di turno sul balcone (che sono parte di quella massa ormai usata e 'consumata' dalla tv), le insulsaggini del politico di turno, la pantomima dello sdegno sempre intrinsecamente televisivo in reazione. E così, sempre uguale a sé stessa e a tutto il niente delle altre trasmissioni sorelle, essa procede nelle sue puntate di settimana in settimana, per anni...Travaglio dovrebbe andarsene. È già da diverso tempo che lui del resto, per chi può 'vedere', mostra insofferenza.
L' esperienza che è il film "The Master" di P. T. Anderson. Uno dei vertici delle visioni recenti e non solo, certamente assimilabile a quasi nient'altro di "cinematografico". Dalle vettrici costantemente puntate e spingenti fuori, oltre il film stesso dall'inizio fino alla fine del suo in-volgersi. Un filn che col mistero umano di cui si carica si pone incategorizzabile fuori dalla storia del cinema stesso. Esso è camere d'azione per il nulla, per le condizioni esistenzi ali dell' abbandono e della soitudine umani. Con e contro le quali si agisce con incongrua imprevedibilità, ferma, tenera, cupa, stanca, rabbiosa, ironica, amorevole, veemente, cruda, sorridente disperazione... Un corpo celeste splendidamente e autonomamente fluttuante dentro e sopra il mistero della condizione umana, aperto tra il tutto e il nulla, meraviglia fuori del comprensibile.
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